Il territorio tra Ticino e Adda è caratterizzato da una grande ricchezza di acqua sia di superficie che di falda. Oltre mille anni di interventi umani hanno modificato il corso dei fiumi, rendendo spesso difficoltoso distinguere il reticolo naturale da quello artificiale.
Il sistema idrico regionale si configura come una fitta e complessa trama in cui le acque dei differenti corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, si mescolano, si sovrapassano, si sottopassano secondo un disegno frutto di una sapienza idraulica collettiva diffusa nei secoli.
La storia dei canali gestiti da ETVilloresi – il Canale Villoresi, il Sistema dei Navigli (Grande, Bereguardo, Pavese, Martesana, Paderno), i canali del Basso Pavese ed altri reticoli minori per una lunghezza totale della rete servita di 4300 km – si intreccia con quella della storia dello sviluppo agricolo e socio-economico della Lombardia.
Il Canale Villoresi e il Sistema dei Navigli milanesi occidentali (Grande, Bereguardo e Pavese) ricavano la propria acqua dalle Dighe di Panperduto (Somma Lombardo, VA), costruite per regolare l’uso delle acque del Verbano e del Ticino, al pari dello sbarramento della Miorina, realizzata successivamente. Il Naviglio Martesana prende invece origine dalla diga di Concesa sull’Adda; quella di Olginate, che permette di regolare il deflusso delle acque del Lago di Como, viene gestita dal Consorzio dell’Adda, di cui ETVilloresi è utente.
E’ parte della rete principale ETVilloresi anche il Collettore Sant’Antonino, lungo circa 11 km e al momento sprovvisto d’acqua; realizzato nel biennio 1990-1992, interamente tombinato, il vettore connetteva in origine il depuratore di Sant’Antonino, a sud di Lonate Pozzolo (VA), con il derivatore di Magenta, in Comune di Arconate, nell’Altomilanese.
Canali
Il Canale Villoresi scorre a nord di Milano per 86 km. Nasce dalle Dighe di Panperduto sul Ticino e prosegue fino all’Adda, dove sfocia nei pressi di Cassano d’Adda, in località Groppello. Da lì le sue acque vengono fatte confluire tramite un apposito manufatto, secondo necessità, nell’Adda o nel Naviglio Martesana. Lungo il tragitto il canale incontra diversi corsi d’acqua naturali – Lambro, Olona, Seveso tra i più noti – con i quali può avvenire, se necessario, lo scambio idrico.
Numerosi sono inoltre i parchi naturali, regionali e sovracomunali, che fanno da sfondo al corso del Villoresi: il verde della vegetazione si mescola con l’azzurro delle acque, delineando un ambiente naturale ideale anche per la fruizione turistica.
La rete, che si ramifica dal canale principale come in tanti capillari di un apparato che permette di distribuire l’acqua nelle zone più remote, è formata da 22 canali derivatori, per una lunghezza complessiva di 120 km, e da 270 canali diramatori, che si snodano per più di 800 km. Vi sono poi i canali colatori – oltre 30 km di lunghezza complessiva – che ricevono l’acqua non assorbita dai terreni durante l’irrigazione e/o raccolgono le acque meteoriche. Notevole è poi la portata d’acqua del sistema: il volume idrico complessivo supera infatti, in media, i 500 milioni di m3 l’anno. Recentemente anche nel Villoresi si è riscoperta la navigazione; le acque del canale alimentano altresì 4 impianti idroelettrici in Comune di Monza.
La storia del Naviglio Grande, prima imponente opera idraulica di questo genere a essere realizzata in Europa, si lega indissolubilmente allo sviluppo economico e commerciale della Lombardia, di cui è stato importante catalizzatore.
Le sue origini sono connesse alla costruzione di un canale da Castelletto di Abbiategrasso a Landriano, a difesa del capoluogo lombardo dai possibili attacchi della rivale Pavia, alleata del Barbarossa: siamo nel 1152.
Non sappiamo con esattezza da dove l’antico canale derivasse le sue acque: forse dall’Olona o dal Mischia – una roggia che scorre da Abbiategrasso a Milano – oppure, più probabilmente, dal fiume Ticino; ipotesi, quest’ultima, che sembra confermata anche dall’attuale andamento tortuoso che il canale conserva fino a Boffalora Sopra Ticino, quasi fosse un ramo secondario del fiume.
È dall’ampliamento dell’originario canale difensivo che cominciò a prendere forma il Naviglio Grande così come lo si conosce oggi. Stando alle cronache dell’epoca, la data di inizio dei lavori si colloca nell’anno 1179, ma per l’arrivo a Milano bisogna attendere il 1209. Successivi interventi ne aumentano la portata, rendendolo navigabile. Dalla fine del ‘200 una flottiglia di barche cariche di merci, materie prime e prodotti agricoli inizia a percorrere il canale, dando impulso al commercio e generando benessere diffuso.
Storicamente il canale aveva origine dal fiume Ticino in località Tornavento, nel comune di Lonate Pozzolo, ma nei primi del ‘900 il tratto iniziale fu sostituito dal cosiddetto Canale Industriale, a seguito della realizzazione delle Dighe di Panperduto. A Turbigo il Naviglio riprende l’antico percorso, proseguendo in direzione sud-est fino a Castelletto di Abbiategrasso. Da lì piega verso Milano, dove giunge alla Darsena dopo 49,9 km. Privo di conche, il canale fu realizzato grazie alla semplice pendenza del terreno, con un dislivello totale di 34 metri; la sua profondità massima è invece di 3,80 metri.
Il Naviglio Grande è per gran parte navigabile. Dal canale principale si diramano 120 derivazioni secondarie, che permettono di irrigare oltre 50.000 ettari di terreni agricoli.
Nasce dal Naviglio Grande, a Castelletto di Abbiategrasso e confluisce nel Ticino presso il Ponte di Bereguardo. A volerne la realizzazione fu Filippo Maria Visconti, duca di Milano, a partire dal 1420. Scopo principale era quello di creare una via d’acqua di collegamento tra Milano e Pavia, e di lì al Po, per il trasporto delle merci provenienti dall’Adriatico, in particolare da Venezia, porta d’accesso privilegiata agli intensi traffici commerciali con l’Oriente.
Lungo 18,85 km, il Bereguardo è un’opera tecnicamente complessa, che presenta un dislivello di 14 m, superato grazie all’impiego di ben 12 conche su un percorso relativamente breve.
Dopo l’apertura del Naviglio Pavese, il Bereguardo perde progressivamente la funzione di via navigabile, anche per le notevoli difficoltà che si incontrano nel risalire il suo corso. Si accentua perciò la vocazione irrigua, che ancora oggi permette di portare l’acqua a 16.000 ettari di territorio tra l’area metropolitana di Milano e la provincia pavese.
Negli ultimi anni il Consorzio, grazie ad importanti finanziamenti comunitari nell’ambito dell’accordo di programma PIA Navigli, ha attuato una serie di interventi per la messa in sicurezza dell’alveo del canale anche per riportarlo nelle condizioni idonee alle attività di navigazione turistica e, al contempo, per aumentare la fruibilità delle strade alzaie.
Il Naviglio Pavese ha origine dalla Darsena di Milano, che lascia in direzione sud-ovest proseguendo in linea retta fino a Binasco, al confine della provincia di Milano. Qui entra nel territorio pavese, fino a sfociare nel Ticino, a Pavia.
Furono i Visconti, nel 1359, a dare il via ai lavori per la costruzione di un canale inizialmente privo di conche, non navigabile ma utile per mantenere, con il suo apporto d’acqua, lo splendido giardino del Castello di Pavia, dove Gian Galeazzo amava andare a cavallo.
Due secoli più tardi, all’epoca della dominazione spagnola, venne approvato il progetto di Giuseppe Meda per la costruzione di una via diretta al Ticino in alternativa al Bereguardo, ma i lavori subirono presto una battuta d’arresto prima a causa di lungaggini burocratiche, poi per la morte dello stesso progettista. Bisognerà attendere l’epoca napoleonica perché l’opera venga ripresa e arrivi finalmente a compimento: il 16 agosto 1819 Rainieri, Arciduca d’Austria e Viceré del Lombardo Veneto, inaugura il Naviglio Pavese.
Il canale, oggi non più utilizzato come via di navigazione, è lungo 33 km e distribuisce 10 metri cubi d’acqua al secondo. La rete derivata supera i 250 km. Con il riaffermarsi a Milano dell’ipotesi della riapertura della cerchia interna dei Navigli, ha ripreso slancio anche quella di riadattare in un prossimo futuro il Naviglio Pavese alla navigabilità.
Correva l’anno 1457 quando Francesco Sforza, nuovo duca di Milano, diede il via alla progettazione del Naviglio della Martesana, anche noto come Naviglio Piccolo, appellativo che gli deriva dal confronto con il precedente e ben più importante Naviglio Grande.
Completato definitivamente solo nel 1496, sotto il ducato di Ludovico il Moro, il canale collega Milano con il fiume Adda, dal quale riceve le acque a Concesa, poco più a valle del castello di Trezzo, per una lunghezza complessiva di 38 km.
Fin dalla conclusione dei lavori, uno degli aspetti più problematici fu la ricerca di un giusto equilibrio tra le due funzioni di via di collegamento e di canale irriguo: da una parte emergevano le esigenze della città, interessata ai traffici e quindi alla navigabilità, dall’altra le richieste della campagna, che nel canale vedeva, principalmente, uno strumento per portare acqua alle terre.
L’indiscriminata costruzione di canali secondari, alimentati da bocche che prendevano l’acqua direttamente dal Naviglio, rischiò di prosciugare il tratto principale, compromettendo pesantemente la navigazione. Fu dunque decisivo, verso la fine del 1500, l’intervento del nuovo governatore spagnolo, il duca di Albuquerque, che si fece promotore di una serie di lavori di potenziamento dell’opera idraulica.
Da quel momento iniziò per il Naviglio della Martesana una stagione d’oro, che si protrasse fino a tutta la seconda metà dell’Ottocento. Dalla campagna giungevano a Milano generi alimentari freschi, foraggi, vino, granaglie e materiali da costruzione. A compiere il percorso inverso erano invece manufatti provenienti dalle botteghe artigiane cittadine, filati e stoffe. Lungo le sponde spuntarono inoltre diverse ville gentilizie, dove la nobiltà milanese sceglieva di trascorrere momenti di svago, sorvegliando, al tempo stesso, le terre di proprietà.
Col tempo la navigazione andò incontro a un lento declino, fino al suo definitivo abbandono nel 1958, quando il Martesana venne declassato da via di trasporto a canale irriguo. Negli ultimi anni, tuttavia, il Naviglio è stato protagonista di una riscoperta delle bellezze naturali e architettoniche che si susseguono lungo le sponde. Un fenomeno che ha dato nuovo impulso alla sua antica vocazione di via d’acqua, consentendo una ripresa delle attività di navigazione per un tratto di 30 km, da Trezzo sull’Adda fino a Vimodrone.
La sua rete derivata, nel complesso, oggi supera i 500 km e si espande su un territorio di oltre 24.000 ettari.
L’intuizione di poter connettere, via acqua, la città di Milano e il Lago di Como è frutto del genio di Leonardo, che nel 1516 iniziò a lavorare a un primo disegno, sollecitato dal re Francesco I di Francia. Ma perché il progetto prenda una forma compiuta bisognerà attendere l’intervento, qualche anno più tardi, di Giuseppe Meda.
Con soli 2,9 km di lunghezza, il Paderno – che corre parallelo all’Adda nell’omonimo comune e non ha funzioni irrigue – è il più breve dei Navigli, ma anche il più complesso dal punto di vista della realizzazione: il dislivello di oltre 27 metri viene infatti superato solo grazie a un sistema di sei conche, messo a punto proprio dal poliedrico ingegnere e pittore milanese.
Com’era accaduto in precedenza per il Bereguardo, i lavori subirono tuttavia diverse battute d’arresto, determinate prima dall’instabilità politica, poi dalla lentezza della burocrazia. A inaugurare il Paderno fu Maria Teresa d’Asburgo, nel 1777.
La Via d’Acqua Nord costituisce un tassello importante di un progetto di valorizzazione paesaggistica e ambientale di ampio respiro, concepito nell’ambito delle iniziative collaterali alla grande manifestazione Expo Milano 2015, ad oggi realizzato solo in parte. Si tratta di un canale irriguo di 7,3 km che, riconnettendo tratti rogge e canali esistenti, collega il Villoresi al sito espositivo di Rho; alla Via d’Acqua vera e propria si affianca un percorso ciclopedonale di 8 km che, attraverso il Parco delle Groane, si sviluppa tra i campi, sfiorando boschi, laghetti e piccoli corsi d’acqua.
Il progetto “Vie d’Acqua” assume una forte valenza simbolica sul piano tematico e storico: invita a riflettere, in modo tangibile e in sintonia con il motivo conduttore dell’evento – Nutrire il Pianeta, Energie per la Vita – sull’importanza dell’acqua come bene comune, da preservare e rendere universalmente accessibile. E lo fa ravvivando il legame storico di Milano con l’acqua, in un viaggio della memoria che conduce indietro nel tempo fino ai progetti per la costruzione dei Navigli e della Darsena come porto della città.
Nel Basso Pavese, la fascia di pianura compresa tra l’Olona, il Lambro e il Po, il Consorzio garantisce la bonifica di un territorio di circa 6100 ettari, sfruttando una rete di canali che si estende per quasi 50 km, così distribuiti:
- Deviatore Acque Alte: convoglia verso il Lambro delle acque decadenti dall’altipiano e ha uno sviluppo di 11 km;
- Colatore Olonetta: raccoglie le acque provenienti dalla zona ovest, è lungo 9 km;
- Colatore Reale: convoglia verso la chiavica del Reale le acque provenienti dagli allacciamenti dei colatori secondari e ha una lunghezza di 11 km;
- Colatore Lambrino allacciante est: convoglia le acque nel colatore Reale e si estende per 4 km;
- Colatore Sud Pedearginale allacciante sud: convoglia le acque nel colatore Reale, è lungo 9 km;
- Colatore Refugo Roggione: convoglia le acque nel colatore Reale ed ha uno sviluppo di 6 km.
A rendere possibile il sollevamento delle acque sono gli impianti della Chiavica del Reale nel Comune di Chignolo Po, in provincia di Pavia. L’irrigazione dei campi avviene invece utilizzando acque di colatura, attraverso i cavi roggia delle Campane, Ravano e Ricotti. Gli argini che delimitano il territorio formano insieme una cintura continua, congiungendosi ai margini dell’altopiano; sono attraversati dai colatori naturali, che scorrono nel bassopiano, per mezzo di 19 chiaviche, normalmente aperte, chiuse soltanto nei periodi di piena del Po: così facendo, si previene il rischio di allagamenti.
Negli ultimi anni è avvenuto il trasferimento, nella rete di bonifica gestita dal Consorzio, di alcuni canali sia del reticolo idrico principale di Regione Lombardia che di quello minore di competenza comunale (DGR n. X/3792/2015, X/4229/2015, n. X/4439/2015 e X/5427/2016). È evidente come, in virtù delle comprovate esperienza e competenza tecnica del Consorzio, la rete idraulica rappresenti una reale occasione di sviluppo di nuove sinergie con Istituzioni, Enti locali e altre realtà attive sul territorio.
Nel reticolo ETVilloresi si trovano altresì canali di proprietà privata o di altri Consorzi gestiti secondo convenzioni di regolatoria: si tratta, nei pressi di Pavia, delle Utenze Roggia Corio, Roggia Usella-Miradola, Roggia Molina, Cavetto Ricotti, Consorzi Cavo Biraghi, Cavi Litta e dei Consorzi San Colombano e Possessione Grande nel Basso Pavese. A molti di questi soggetti il Consorzio fornisce anche assistenza amministrativa.
La DGR n. X/7581/2017 ha previsto infine il trasferimento a ETVilloresi, relativamente ai tratti individuati, della competenza sul reticolo idrico relativo alla Cerchia interna dei Navigli di Milano.
Dighe
Le Dighe del Panperduto sono il terzo sbarramento artificiale sul fiume Ticino a valle del Lago Maggiore. Gioiello d’architettura industriale progettato verso la fine del XIX secolo da Eugenio Villoresi, rappresentano tuttora il cardine dell’intero sistema idraulico del Ticino orientale. Immerse nel Parco Regionale Lombardo della Valle del Ticino, offrono alla vista uno scenario unico per bellezza e biodiversità.
Il percorso navigabile nel bacino di calma delle Dighe del Panperduto permette di apprezzare al meglio il funzionamento del sistema di regolazione delle Dighe. Lungo circa 700 metri, con larghezza variabile dai 90 ai 50 metri, il bacino di calma poggia sulla sponda sinistra dal terrazzo originario del fiume Ticino; a destra è invece delimitato, per i primi 120 metri, da un muro di contenimento, più a valle da un doppio argine in terra. Numerosi sono i manufatti idraulici che si osservano lungo il perimetro: uno sfioratore – un dispositivo per smaltire le acque presenti nel bacino quando il livello idraulico supera quello massimo consentito –, l’edificio di presa dell’Incile e le opere di regolazione del canale Villoresi, del canale Industriale, del sistema dei Navigli e lo scaricatore delle sabbie.
Il complesso di Panperduto rappresenta un nodo di passaggio fondamentale lungo l’asse navigabile Locarno-Milano. Proprio in virtù del suo valore strategico, il sito è stato oggetto, a partire dal 2010, di un importante intervento di messa in sicurezza e riqualificazione, in sinergia con Regione Lombardia e altri partners nazionali e comunitari.
L’impianto idraulico di Panperduto è, con altri importanti siti lombardi, al centro della candidatura al Patrimonio UNESCO attraverso il progetto ‘La Civiltà dell’Acqua in Lombardia’, promosso da URBIM-ANBI Lombardia e da Regione Lombardia. Dal 2019 è entrato a far parte del Patrimonio mondiale delle Strutture di Irrigazione ICID WHIS.
La diga, non direttamente gestita dal Consorzio, sorge nel comune di Trezzo d’Adda, dove sbarra il fiume attraverso una paratia mobile, dando origine a un bacino d’acqua da cui sono possibili tre derivazioni: Naviglio Martesana, in sponda destra; Stabilimenti Tessili Italiani, in sponda sinistra; centrale idroelettrica del Linificio e Canapificio Nazionale, tramite una galleria sulla riva destra, 50 metri a monte della derivazione del Martesana. L’opera di presa di quest’ultimo canale comprende inoltre una conca di navigazione e un manufatto per la regolazione delle acque.
La Diga della Miorina regola il livello del Lago Maggiore, utilizza il lago come bacino d’accumulo e consente un uso migliore delle acque di questo bacino imbrifero.
Rappresenta l’ultimo importante tassello, in ordine di tempo, del sistema di gestione delle acque del Ticino.
Lo sbarramento sul “Fiume Azzurro”, poco dopo l’uscita dal Lago Maggiore, alto 3,3 metri e lungo 200, fu costruito in località Golasecca (VA) in meno di 4 anni tra il 1938 e il 1942. La Diga viene gestita dal Consorzio del Ticino, costituito dagli utenti delle acque del Ticino, tra cui il Consorzio Est Ticino Villoresi.
La Diga di Olginate permette di regolare il deflusso delle acque del Lago di Como, migliorandone l’utilizzo irriguo.
Lo sbarramento, che attraversa l’Adda tra Olginate (CO) e Vercurago (BG), è stato terminato nel 1944, è lungo 153 metri ed alto 3,9; viene gestito dal Consorzio dell’Adda, formato da tutti gli utenti, tra cui il Consorzio Est Ticino Villoresi.